Blockchain

Musicoin e Mycelia, all’avanguardia dell’innovazione musicale o solo del marketing?

Continuiamo il nostro viaggio nell’innovazione legata all’industria musicale e alla tecnologia blockchain. Parliamo oggi di due progetti molto reclamizzati in rete e nell’ambiente musicale, ma entrambi con qualche punto oscuro.

Musicoin

Musicoin è una piattaforma peer to peer di streaming musicale gratuita basata su blockchain che si prefigge di compensare in modo equo e diretto musicisti, sviluppatori, miners.

La piattaforma e il suo ecosistema si basano sulla filosofia elaborata dall’imprenditore cinese Isacc Mao: lo “sharismo”, descritta come “una filosofia rivoluzionaria che incorpora la saggezza dagli studi di Epistemologia e Axiologia. Sottolinea l’importanza di condividere conoscenza e valore all’interno di una comunità per creare un impatto sociale positivo.

Le premesse sembrano provenire da un guru new age fuori tempo massimo ma vediamo comunque di capire i meccanismi alla base del progetto.

Nel white paper si esamina lo stato attuale dell’industria musicale e dello streaming in particolare, giungendo a conclusioni analoghe a quelle di Choon, la piattaforma analizzata nello scorso post: centralizzazione, eccesso di intermediari, mancanza di trasparenza rendono il modello di business insostenibile per gli artisti, in particolare per i musicisti indipendenti e per gli emergenti.

La soluzione proposta è utilizzare una blockchain, Ethereum, una criptomoneta personalizzata, il MUSIC, e gli smart contracts. Tramite questi strumenti Musicoin sarebbe in grado di fornire agli artisti una remunerazione per ascolto (PPP, Pay Per Play) superiore alle altre piattaforme tipo Spotify o Apple Music, nell’ordine di 0,02$ (per confronto, YouTube paga 0,0006$). I pagamenti saranno velocissimi, nell’ordine dei secondi e automaticamente ripartibili tra chi ha collaborato alla creazione dell’opera, dai membri della band ai coristi, dai tecnici del suono al produttore. I contenuti sono memorizzati e distribuiti attraverso un sistema di distribuzione file p2p distribuito chiamato IPFS (Inter-Planetary File System).

Una delle criticità di questo modello è legato a una dicotomia insita in questi modelli a “token” che già alcuni studi hanno rilevato. Se la piattaforma ha successo, cresce il valore dei token, del MUSIC in questo caso. Se questa crescita avviene troppo velocemente, gli utenti preferiranno tenersi i token con intenti speculativi e non usarli all’interno dell’ecosistema. Ma questo sarebbe deleterio, perché si verrebbe a creare un’ambiente “dormiente” che comprometterebbe l’ulteriore crescita. Per inciso, anche spendere tutti i token non sarebbe salutare, perché il loro valore non crescerebbe e non risulterebbero appetibili per gli investitori. Una soluzione suggerita è creare due token, uno per gli investimenti e uno come gettone per la compravendita di beni e servizi.

Torniamo a Musicoin e a un altro potenziale problema. La fluttuazione di valore a cui il MUSIC può essere soggetto, come ogni altra valuta/criptovaluta, potrebbe rendere troppo bassi i ricavi per gli artisti.

Per risolvere questi aspetti critici la piattaforma ha ideato un modello chiamato UBI (Universal Basic Income) che dovrebbe garantire un compenso equo a ogni contributore in proporzione al suo contributo.

Come funziona? Il white paper fornisce alcune spiegazioni e uno schema ma non tutto nel meccanismo è chiaro. C’è una “cassa comune”, l’UBI pool, che è “alimentata” in gran parte dai “miners” che, lo ricordiamo, sono coloro che creano i blocchi, verificano le transazioni e sono ricompensati con token (in Musicoin 314 MUSIC per blocco, un blocco creato circa ogni 20 secondi). I miners si tengono 250 MUSIC, gli altri vanno nella cassa comune. Da qui si hanno i fondi, sempre in MUSIC, per remunerare i musicisti con il PPP e per investire sullo sviluppo della piattaforma.

Per mantenere più o meno costante la remunerazione per ascolto, attraverso uno smart contract il valore del pagamento cambia a seconda della “quotazione” del MUSIC: ad esempio, i musicisti riceveranno 1MUSIC per ogni riproduzione quando il valore di mercato della moneta è tra 0 e 0,099 centesimi di dollaro, 0,2 MUSIC quando il valore di mercato è compreso tra 0,10 centesimi e 1,00 dollari e così via.

Gli artisti non guadagneranno solo con il PPP: gli utenti potranno sovvenzionarli con “tips” (mance) dirette. Ottimisticamente Musicoin dichiara che si dovrebbe avere un rapporto di 5 a 1 tra i guadagni tramite tips e quelli PPP.

Ma può essere sostenibile economicamente questo modello? In rete vi sono diversi dubbi, anche per le ragioni esposte prima sul valore dei token. In varie discussioni su forum dedicati vengono esplorati anche altri scenari, come quello di far pagare comunque un abbonamento agli utenti.

Non resta che attendere: l’”approccio UBI” è solo annunciato e sarà attivo con la nuova versione della piattaforma, la 2.0 denominata “Heal the World” che dovrebbe vedere la luce nel 2019.

Attualmente la Musicoin dichiara di avere circa 3.000 artisti in catalogo, prevedendone 125.000 per la metà del 2019.

Vi è però un elemento davvero critico nel progetto: non si sa chi siano i fondatori (a parte Isaac Mao, nella cui biografia su Wikipedia non si fa però cenno a Musicoin) né chi da chi sia compost il team di sviluppo. E questo velo di mistero non è bel biglietto da visita, soprattutto per chi fa della trasparenza uno dei suoi claim principali.

Mycelia

Voglio parlarvi brevemente anche del progetto Mycelia, ampiamente pubblicizzato da quasi tre anni in rete e in molti eventi dedicati a musica e tecnologia.

Imogen Heap, la creatrice del progetto, è una cantantautrice e produttrice inglese, vincitrice di due Grammy. Nel 2017 ha sperimentato la vendita di un singolo, “Tiny Human”, via blockchain con l’ausilio della piattaforma Ujo Music, basata su Ethereum. Tramite smart contract i proventi sono stati distribuiti a tutti i creativi coinvolti nella produzione e registrazione della canzone. A detta della stessa Heap si sono raccolti pochi soldi, soprattutto per il fatto che gli utenti dovevano avere un portafoglio Ether per poter effettuare il pagamento.

Comunque l’artista britannica si è appassionata a questa tecnologia e ha fondato Mycelia, che dovrebbe essere un laboratorio di sperimentazioni su nuovi modelli, innovativi ed equi, per l’industria musicale. Il team, almeno quello in “frontend”, non sembra particolarmente focalizzato sugli aspetti tecnologici; fino ad ora non sono stati lanciati progetti o servizi online, neanche in beta. Viene solo presentato il Creative Passport come “un contenitore digitale per informazioni verificate sul profilo, ID, riconoscimenti, lavori, partner commerciali e meccanismi di pagamento per tutti i musicisti (creativi). Il suo obiettivo è quello di diventare uno standard di identità digitale per i musicisti, formando nel suo insieme il Creative Passport Database e destinato a trasformarsi nell’essenziale hub connettivo per tutti i servizi relativi alla musica.

Al momento non sembra un’idea particolarmente originale ma vedremo anche qui come evolverà l’intero progetto. Nel frattempo la tournée mondiale MYCELIA Tour che si concluderà nel 2019 sarà un’ulteriore occasione per Imogen Heap di ricoprire il ruolo di tecno-evangelizzatrice.

Originariamente pubblicato su Musplan