Riflessioni

Conversazione con Angelo Rindone (Produzioni dal Basso) – Prima parte

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Questa è la prima parte di una conversazione con Angelo Rindone, fondatore di Produzioni dal Basso, la più “anziana” piattaforma di crowdfunding italiana (e non solo…).

 

Angelo, ci conosciamo da diversi anni e ho seguito l’evoluzione del progetto Produzioni dal Basso piuttosto da vicino. Il sito è stato messo online nel lontano 2005, assai prima di piattaforme internazionali famose come Kickstarter (2009) e Indiegogo (2008) (lo stesso termine “crowdfunding” sembra che compaia per la prima volta nell’agosto di quell’anno). I numeri raggiunti da PdB, soprattutto negli ultimi due anni, sono stati impressionanti: 50.000 iscritti, 520 progetti finanziati, 1.200.000 euro in transazioni.

Dal 2005 molto è cambiato: il crowdfunding ha preso piede  (stime di 5 miliardi di dollari a livello globale per il 2013, 93  miliardi di dollari per il 2025 secondo la Banca Mondiale), anche in Italia, con numeri in continua crescita (23 milioni di euro raccolti tra ottobre 2012 e ottobre 2013 e con una proliferazione di siti e piattaforme dedicate. Nel nostro paese c’è stato un intervento legislativo che, tra i primi a livello mondiale, ha regolamentato il settore (almeno in parte).

Da marzo di quest’anno è online la nuova versione della piattaforma. Quali sono state le considerazioni e le valutazioni che vi hanno guidato nella riprogettazione? Quali i nuovi obbiettivi? Da una nostra discussione di qualche settimana fa mi è sembrato che l’intenzione fosse quella di superare il concetto di “sito per crowdfunding” per passare a quello di un hub incentrato sullo “storytelling” dei progetti che consentisse loro di essere “propagati” e condivisi facilmente  sui canali web e social.

Il crowdfunding, da quando è nato Produzioni dal Basso, è cambiato soprattutto nella percezione delle sue potenzialità e nella capacità di farsi strumento in ambiti sempre più estesi, per progettualità diversissime tra loro. Tutto sommato però il principio di fondo, “il layer economico del social networking”, è rimasto uguale e non credo che cambierà più di tanto. L’evoluzione futura sarà quindi nelle code di utilizzo, nei metodi, negli strumenti a disposizione, nelle verticalizzazioni di genere, ma sopratutto nella capacità del crowdfunding di uscire dall’idea di essere una moda per tecno-ottimisti e diventare una modalità comprensibile come oggi è l’e-commerce o la condivisione delle foto sui social.

L’evoluzione del crowdfunding passa per progetti ben strutturati da centinaia di migliaia di euro, ma porta ad una miriade di micro progetti organizzati in pochi minuti per rispondere ad esigenze immediate di un gruppo di persone che magari agisce in prossimità.
Quando questo flusso di micro-progettualità si succederà in modo continuato ed incontrollabile avremo la certezza che il crowdfunding è una modalità economica consolidata.

In base a queste considerazioni abbiamo cominciato un percorso che durerà un anno e che porterà Pdb a modificare alcune delle sue caratteristiche principali, in questo percorso vogliamo anche implementare sistemi di pagamento diversi e diverse modalità di crowdfunding, di fundraising, di pre-ordine e di distribuzione.

Lo storytelling invece è una esigenza sempre crescente e quindi stiamo sviluppando pezzi di software per permettere di portare nelle pagine dei progetti non solo l’idea ma anche il modo con cui viene raccontata e condivisa.

Negli anni avete creato un rete di partner in vari settori, dal cinema all’editoria al settore non profit. Ci illustri brevemente questa volontà di “fare rete” ?

Il fatto di essere una piattaforma orizzontale e senza filtri facilità usi sperimentali, autogestiti, autogeneranti… ma ad essere sinceri questa cosa non dipende da noi, è il crowdfunding che porta a “fare rete”, aggrega e fa nascere quelle che chiamiamo le nuove comunità economiche.
Da questo punto di vista possiamo solo ringraziare i gruppi, le case editrici e le associazioni che in questi anni hanno dato fiducia a Pdb verticalizzando le loro community e proponendo progetti sempre più interessanti.

Notizia delle ultime settimane è l’accordo con Banca Etica. Ci puoi accennare gli obbiettivi di tale partnership?

Tante banche italiane si stanno avvicinando al crowdfunding ma nessuna banca è più vicina al crowdfunding di Banca Etica che nasce guardando ad un uso responsabile del denaro e alle esperienze del microcredito, una visione che condividiamo e che in parte ha ispirato la nascita della nostra piattaforma.
Quello con Banca Etica è quindi un accordo che ci rende orgogliosi, lo abbiamo cercato con grande forza e convinzione. Prima di tutto è una convergenza di intenti: vogliamo provare a lavorare insieme sul tema del crowdfunding per trovare soluzioni, idee, tecnologia e innovazione. Appena nato il network di Banca Etica su Pdb ospita già due bellissimi progetti, ma in tanti si stanno avvicinando e stanno chiedendo di aggregarsi… siamo solo agli inizi e noi siamo fiduciosi che questo percorso poterà buoni frutti per il crowdfunding italiano.

Abbiamo prima citato il proliferare di piattaforme e siti dedicati al crowdfunding, anche in Italia, spesso con un approccio “verticale” e tematico. Qual è il tuo pensiero in merito?  Una moda, una naturale esplorazione delle possibilità di un nuovo meccanismo economico/finanziari? Per le piattaforme meglio essere specializzati o “generalisti”? 

La nascita di tante piattaforme è dovuta al momento, all’entusiasmo che si sta generando intorno a questo fenomeno e alla voglia di provarci. Non lo vedo quindi come una cosa negativa ma come una fase di passaggio necessario che avrà il suo assestamento.

Le piattaforma verticali come MusicRaiser, territoriali com IdeaGinger o gli approcci B2B alla Starteed  stanno funzionando e sono il segnale che ci sono tanti spazi nei quali muoversi e creare opportunità e chissà quante altre opportunità e verticalizzazioni saranno possibili in futuro anche con l’ingresso dell’equity.
Insomma non condivido l’atteggiamento snob di chi dice che “in Italia ci sono più piattaforme che utenti”, anche se in parte è vero…  mettiamoci l’anima in pace, questo è il momento della sperimentazione ed è naturale che sia così.

Rimane un tema, nella loro ultima relazione Ivana Pais e Daniela Castrataro mettono in guardia sulla eccessiva polverizzazione del mercato e spingono ad una maggiore collaborazione tra le piattaforme: è vero c’è poca collaborazione tra le piattaforme del crowdfunding italiano e visto che si parla di economie collaborative sembra quasi un paradosso.

 

Tra qualche giorno la seconda parte della conversazione.

update: qui la seconda parte.