Blockchain

Cinema, entertainment e blockchain: una panoramica dei progetti internazionali

English version on The Startup

Il settore cinematografico e più in generale quello dell’industria audiovisiva sta scoprendo la tecnologia blockchain attraverso la quale si propone di trovare soluzione a diversi problemi del mercato quali

  • limitato o difficile accesso ai finanziamenti
  • scarsa trasparenza
  • costi di intermediazione e lungaggini nella catena di pagamenti
  • difficoltà nella corretta redistribuzione degli utili
  • mancanza di liquidità (nessun mercato secondario)

Le produzioni indipendenti sono quelle che più risentono dei cambiamenti in atto nel settore (per esempio la distribuzione attraverso le piattaforme di VoD tipo Netflix) e quindi le più interessate a sperimentare le blockchain ma anche l’industria hollywoodiana è attenta a questa realtà emergente.

Per capire quali siano le linee guida e le strategie che stanno mettendo in atto i “first mover” dell’ “entertainment a blocchi” (esclusa l’industria musicale) ho analizzato 10 startup e progetti: SingularDTV (US), FilmChain Big Couch (UK), Cinezen Blockchained Entertainment (SVE), Slate Entertainment Group — SEG (US Canada), MovieCoin (US), LiveTree ADEPT (UK), Treeti (US), StreamSpace (US), Ethereum Movie Venture (CH), LINO (CHN).

Basandomi sui white paper (quando presenti), su altre informazioni disponibili sui siti di riferimento e su interviste rilasciate in rete ho potuto farmi un’idea dell’approccio — simile — che si sta sviluppando.

Nessuno di questi progetti è pienamente operativo, anzi per la maggior parte sono in fase di sviluppo e/o di raccolta fondi, spesso con ICO (Initial Coin Offering) che si propongono di raccogliere milioni di dollari. Li accomuna la visione ottimistica di diventare i “distruttori” dell’attuale mercato cinematografico e audiovisivo internazionale innovando tutta la filiera, dall’ideazione alla produzione, dalla distribuzione al marketing. La promessa delle blockchain e delle criptovalute di permettere decentralizzazione, disintermediazione e nuove modalità di finanziamento e ripartizione dei profitti le rende attraenti e promettenti facendone la spina dorsale dell’infrastruttura tecnologica e dei modelli di business analizzati.

I team sono per lo più internazionali e formati da professionalità provenienti dal mondo delle criptovalute e delle blockchain (in particolare gli sviluppatori), della finanza, dei media e dell’entertainment.

L’ ”economia dei token”

Il punto chiave verso cui convergono tutti è la trasformazione del prodotto audiovisivo (film, documentario, serie) in uno smart asset digitale attraverso il processo di “tokenizzazione”. È un brutto termine, ma serve a chiarire il meccanismo: le varie piattaforme creano propri token, cioè criptovalute personalizzate da far circolare nel proprio ecosistema. Sono come gettoni o fiches che valgono all’interno di un parco giochi o di un casino e che possono essere convertiti in altre valute, digitali e non. A loro volta questi token possono generare altri tipi di gettoni personalizzati, legati per esempio a un singolo film.

In pratica tutte le piattaforme analizzate si appoggiano alla criptovaluta Ethereum, la seconda per capitalizzazione dopo i bitcoin (circa 50 miliardi di dollari di controvalore nel giugno 2018). Ma soprattutto è la blockchain pubblica (permissionless) che per prima, nel 2014, ha implementato gli smart contracts e la possibilità di creare token personalizzati attraverso lo standard ERC20. Attualmente esistono quasi 800 “sub-monete” basate su questo standard.

I token digitalizzano il valore di un progetto (di un film, di un documentario, di una serie) e questo permette di effettuare varie operazioni.

· Finanziamento, attraverso un crowdfunding evoluto: si vendono token (come dicevamo anche creati appositamente per quel progetto) agli utenti/finanziatori; possono essere fissati “milestones” che se non conseguiti determinano il blocco o la restituzione dei fondi ai finanziatori.

· Si possono anche distribuire token ai contributori dell’opera (cast, troupe, musicisti, sceneggiatori ecc.) come quote di partecipazione (agli utili).

· Redistribuzione degli utili. I token servono per la revenue sharing: saranno i terminali grazie e in base ai quali gli utili saranno distribuiti. Si possono pensare come azioni, nelle quali confluisce il valore creato dall’opera attraverso la sua distribuzione multicanale.

· I token potranno essere convertiti in altre criptovalute (es. bitcoin) o in valute a corso legale come dollari o euro.

· I token potranno essere scambiati in un mercato secondario, come le azioni.

· I contenuti e i servizi all’interno dell’ecosistema della piattaforma (che potrà estendersi anche al di fuori, per esempio cinema convenzionati) saranno pagati in token

Una caratteristica importante è che molte di queste operazioni – in particolare la redistribuzione dei profitti – saranno automatizzate proprio grazie ai token e agli smart contracts. Ricordiamo che questi sono frammenti di codice “embeddati” in una blockchain che consentono di effettuare transazioni automatiche in base a condizioni stabilite: semplificando, traducono in linguaggio macchina i termini legali di un contratto che si auto-esegue. Poniamo che il mio film sia disponibile in streaming sulla piattaforma: a ogni visione una frazione di token sarà direttamente accreditata nel mio portafoglio digitale e nello stesso tempo, in proporzione, saranno trasferite altre frazioni di token agli altri contributori o finanziatori del film.

Grazie agli smart contracts la gestione dei diritti potrà essere semplificata da un lato e resa più efficiente dall’altro con vincoli tradizionali (per territorio, per episodio, per periodo di licenza) o di nuovo tipo.

Così come nel mondo del crowdfunding, in questi modelli di business è particolarmente importante la community. Nell’”economia dei token”, con un processo di “gamificationle azioni degli utenti — come pubblicizzare il film sui social, scrivere recensioni o comunque svolgere un ruolo attivo— possono generare punti da trasformare in token, permettendo un guadagno.

La natura decentralizzata delle piattaforme, infine, significa che non ci sarà alcun geoblocking.

Non solo online

L’obbiettivo finale è rendere ogni canale di distribuzione “agganciato” al meccanismo automatico di redistribuzione degli utili permesso dai token: cinema, televisioni,altre piattaforme di VoD, proiezioni ad eventi e rassegne. È già previsto che le visualizzazioni su piattaforme terze come YouTube o Vimeo possano con relativa facilità trasformarsi in frazioni di token. Un altro passo che su cui punta in particolare Slate con il suo servizio SLATIX™ (tokenized ticketing application) è quello della vendita di biglietti attraverso i token: in questa maniera gli incassi delle sale cinematografiche e di qualsiasi tipo di evento potranno essere ripartiti e distribuiti facilmente e quasi in tempo reale. A proposito di biglietti, avere una blockchain che registra in modo indelebile i dati a loro associati permette anche di costruire un sistema efficace per combattere le frodi e il “secondary ticketing”.

La tecnologia blockchain è anche indicata per creare servizi in stile sharing economy; SingularDTV ha creato Rentalist, piattaforma di noleggio di attrezzature in stile Airbnb peer-to-peer, attualmente in versione beta a New York.

La rete distribuita di content delivery

I token sono utili anche in un altro contesto. Diverse piattaforme intendono costruire il loro servizio di VoD (anzi, di BVoD, Blockchain Video on Demand) attraverso una rete distribuita, peer to peer, che permetta di abbattere i costi dei tradizionali servizi di content delivery. Gli utenti potranno gestire un nodo della rete di storage e delivery, garantendo dei requisiti minimi di performance, per esempio in termini di capacità di memorizzazione e velocità di banda: in cambio guadagneranno — in token -proporzionalmente alle risorse messe a disposizione. Algoritmi particolari calcoleranno questi guadagni secondo parametri tecnici e non, come l’utilizzo di CPU, la disponibilità a conservare per un certo periodo i frammenti dei file (ogni contenuto è suddiviso in piccoli blocchi) o a contribuire alla distribuzione dei contenuti più popolari (e quindi con file più richiesti dagli utenti).

Dati a disposizione dei filmmakers e dei creatori di opere

Un altro elemento comune a diversi progetti è quello di voler fornire ai creatori dei contenuti audiovisivi, sempre grazie alle caratteristiche della tecnologia blockchain, un sofisticato sistema di analisi delle performance dell’opera (magari integrato con sistemi di machine learning) con metriche utili per decidere sequel o progetti futuri; di solito questi sistemi sono disponibili solo ai gestori di piattaforme come Netflix, che su queste si basa per decidere i propri contenuti da produrre.

Criticità

Analizzando i progetti, quel che salta all’occhio è la volontà di creare un ecosistema evoluto, in cui la creazione delle opere, la loro produzione, la loro distribuzione e la distribuzione dei profitti avvenga attraverso meccanismi il più possibile automatici e interconnessi. Questo rende il sistema “a regime” piuttosto complesso. I primi passi sono i più difficili, perché bisogna far produrre le prime opere con un meccanismo semplificato che dimostri la fattibilità dell’intera architettura teorico-tecnica. Convincere alcuni autori e produttori a sperimentare può non essere difficile tanto che diversi lavori sono già stati prodotti o sono in fase di produzione. Più difficile sarà raggiungere la massa critica di utenti. Le criptovalute in genere sono sempre più usate ma non sono certo ancora mainstream e sono ancora avvolte da un alone di scetticismo. Inoltre il loro utilizzo, anche all’interno delle piattaforme analizzate, non ha un sufficiente livello di semplicità per un utente medio.

Altre criticità riguardano, in generale, anche le criptovalute, le blockchain e le ICO: si possono citare le incertezze sulle regolamentazioni nazionali e internazionali in fase di studio, possibili tassazione dei token, problemi di sicurezza e di governance, nello specifico di Ethereum.

Potenzialità

Disintermediazione, nuovi processi di contabilità, di finanziamento e di ripartizione dei profitti sono le ragioni principali per l’interesse che l’industria del cinema e dell’audiovisivo hanno per le tecnologie blockchain. Da non sottovalutare la possibilità di micropagamenti, anche dell’ordine di millesimi di euro, che possono rendere più vantaggiosi per i creatori di contenuti le remunerazioni ottenuto attraverso i servizi di streaming.

È possibile che in Italia e in paesi in cui vi siano finanziamenti pubblici (per esempio tramite tax credit) l’interesse risieda anche in una gestione innovativa dei meccanismi di erogazione e di controllo di tali finanziamenti.

Anche se si punta fin da subito a ecosistemi complessi una mossa vincente potrebbe quella di implementare un nucleo base di funzionalità (un MVP, Minimum Viable Product) che convinca sia gli operatori del settore sia i potenziali fruitori delle potenzialità della nuova tecnologia e dei vantaggi che ne possono derivare. Allo stato attuale delle sperimentazioni, infatti, questi sistemi sembrano poter essere promettenti per remunerare efficacemente i creatori, meno come un sistema utilizzato dai consumatori di contenuti audiovisivi.

 

Originariamente pubblicato su Medium