Riflessioni

Metaverso, stati di virtualizzazione progressiva

Giorgio De Chirico, Piazza d’Italia, 1913

Che cosa sarà il metaverso? Un luogo, un non luogo, un’esperienza, un gioco, l’aula magna del pensiero, la suburra della società, una simulazione ragionata o una codificata allucinazione collettiva? Sarà la prosecuzione della realtà con altri mezzi, parafrasando von Clausewitz?

Come possiamo definire qualcosa che non esiste ancora? Oppure esiste già, sotto forma di pezzi sparsi di un Lego con cui ci balocchiamo ogni giorno, non ancora uniti a formare un unico, immenso modellino del mondo?

Per non perderci in domande sempre più surreali, proviamo a cercare le origini del nome “metaverso” e a delimitarne i confini, a circoscriverne proprietà, obbiettivi e ambizioni.

Il termine metaverso appare per la prima volta nel 1992, in un romanzo di fantascienza di Neal Stephenson, “Snow Crash”. È composto dal prefisso derivante dal greco “meta”, che può significare “dopo”, “oltre” e dalla desinenza “universo”; nel libro descrive uno spazio virtuale condiviso e persistente in forma di città, in cui le controparti digitali delle persone convivono e interagiscono insieme ad agenti software. Il termine “avatar” è stato reso popolare proprio da questo romanzo. Per inciso, Stephenson con il suo romanzo del 1999 “Cryptonomicon” potrebbe anche aver ispirato la nascita dei Bitcoin.

L’idea di una realtà alternativa fatta di bit ha continuato a prosperare grazie a film come “Matrix” e “Ready Player One” (tratto dal romanzo di Ernest Cline).

Mentre fantasticavamo su questi mondi paralleli accessibili con un click o al massimo con una pillola, ci stavamo già entrando anche noi, un passo alla volta: non attraverso una porta ma percorrendo un corridoio dai contorni sfumati. Internet, i personal computer, il web, la telefonia mobile, gli smartphone, i social media, il 4/5G, le app, IoT, blockchain, AI: l’infrastruttura, i cablaggi, gli arredi della transizione di fase analogico/digitale si sono concretizzati più o meno velocemente intorno a noi, invadendo il nostro quotidiano, dirottando la nostra attenzione e parte dei nostri sensi in un altrove digitale. Lo frequentiamo da anni, diverse ore al giorno, con le chat e i social, le conference call, lo smart working, la DAD, la navigazione in rete, i software professionali, l’automazione industriale. Nello spazio di un secondo entriamo e usciamo, mutaforma non consapevoli.

Quindi, ancora, che cos’è il metaverso? Cosa sarà?

Per “lui”, Mark Zuckerberg, il metaverso è “nuova versione di Internet, fondata sulla definitiva integrazione tra mondo fisico e digitale, come spazio di interazioni reali tra persone che – nella vesta di “avatar” – lavorano, giocano, sviluppano relazioni interpersonali incontrandosi secondo le dinamiche “normali” della vita quotidiana.”  Anche se questa descrizione può essere accettabile, quel che Zuckerberg immagina è il suo Meta-verso. Ma quel che tutti gli esperti indipendenti sottolineano è che, come Facebook non è Internet, un metaverso proprietario non potrà essere “il” Metaverso. Non lo sarà quello di Microsoft, quello di Google, di Epic, di Apple o di qualunque azienda. Questi saranno universi “brandizzati”, facenti parti di un più vasto multiverso fatto di mondi digitali co-creati e frequentati da milioni/miliardi di utenti. Il vero metaverso non avrà (non dovrebbe avere) padroni.

La chiave, rispetto al presente, sarà la possibilità di trasportare le proprie controparti digitali, i propri oggetti (copie di quelli fisici o puramente digitali), la propria storia, le comunicazioni, i pagamenti da un mondo all’altro (per esemplificare, da Fortnite a Minecraft ad Axie Infinity), mantenendo una confortante continuità “esistenziale”. Così come oggi usiamo le credenziali d’accesso di Google o Facebook per usufruire di altri servizi, domani la nostra identità digitale decentralizzata sarà il pass che farà entrare il nostro avatar nei vari mondi. Un avatar fluido, s’intende, che assumerà quelle caratteristiche personali che noi vogliamo far trasparire in quel contesto e in quel momento.

Il Metaverso sarà una rete persistente e interoperabile di mondi e simulazioni 3D in real-time, secondo Matthew Ball, uno dei maggiori esperti del tema.

Sarà uno strato di realtà digitale che “fluttua sopra, intorno o attraverso le caratteristiche del mondo reale”, coesistendo e interoperando con esso. Abbiamo interagito per decenni con questo livello tramite tastiere e touch-screen; domani la realtà sarà decomposta in uno spettro che va da fisico al virtuale (VR), e noi passeremo gran parte dell’esistenza da qualche parte tra questi estremi, in una realtà aumentata (AR), mista (MR), estesa (XR), accessibile (anche) con occhiali 3D, visori, guanti e tute aptiche.

Qualcuno teme che ci perderemo oltre il confine, ridotti ai simulacri preconizzati da Baudrillard. Ma forse troveremo, come oggi, più stimolante e confortevole il “multirealismo”.

In questo melting pot atomi/bit non interagiremo solo con gli avatar di altri esseri umani ma con agenti software guidati da Intelligenza Artificiale, evoluzione di bot, avatar, assistenti vocali: saranno loro i veri “nativi digitali”.

Abbiamo accennato al fatto che si avranno mondi e simulazioni 3D. Qual è la differenza? I primi sono luoghi di fantasia, le seconde sono riproduzioni più o meno fedeli del mondo fisico, con repliche digitali di oggetti, edifici, industrie, città. Questo “specchio” servirà, tra l’altro come ambiente di test per la progettazione/manutenzione in ambito tecnico e la pianificazione di interventi socio-economici.

Quali saranno le caratteristiche del Metaverso?

Ne possiamo individuare almeno cinque.

Come abbiamo detto in precedenza, la persistenza è un elemento chiave: ne rende possibile un’esistenza continua, anche quando non vi è nessuno al suo interno. Gli oggetti rimangono nello stato in cui sono (compatibilmente con le interazioni avute nel frattempo con altri utenti), le azioni vengono “ricordate” e, in generale, a ogni accesso si percepirà un continuum temporale, logico e ambientale.

L’esperienza immersiva in tempo reale, che fa sentire l’utente parte di quel contesto e totalmente o parzialmente disconnesso dalla realtà fisica circostante. Non si tratta solo di sensazioni dovute all’utilizzo di device come i visori VR ma di uno stato mentale indotto dall’interazione con quell’altrove digitale progettato, implementato e reso fruibile.

La decentralizzazione, che lo dovrebbe accomunare a Internet, la sua struttura portante, e alle blockchain pubbliche come Bitcoin ed Ethereum. Non avere un centro, non essere, nel suo complesso, proprietà di nessuno, essere allo stesso tempo percepito come unitario ma tecnicamente sparpagliato (distribuito) tra migliaia (milioni) di nodi/server contribuirà a renderlo resiliente ma flessibile, universale ma sfaccettato.

L’interoperabilità, che richiede standard aperti e formati interscambiabili come concepiti dai creatori di Internet e del web. Sarà una battaglia dura, visto che oggi “le principali piattaforme effettuano enormi investimenti in perdita in strumenti e tecnologia, acquisizione di clienti e talvolta contenuti esclusivi, al fine di stabilire un mercato redditizio per gli sviluppatori.” Per questo già sono operative organizzazioni che promuovono protocolli per un Metaverso aperto e interoperabile, come l’ Open Metaverse Interoperability Group e il Metaverse Interoperability Community Group della W3.org.

L’accessibilità, per permettere a chiunque di entrarvi con ogni sorta di dispositivo: l’aspetto “social” è fondamentale, il metaverso non può essere che un media partecipativo di massa.

L’hackerabilità, intesa nel senso di libertà di modificare, adattare, personalizzare i molti aspetti del Metaverso: luoghi, architetture, oggetti, avatar, servizi, interfacce ecc. Questo consentirà quell’evoluzione continua necessaria per renderlo attraente per nuovi utenti e sempre interessante per i vecchi.

Connessione al mondo fisico e capacità di generare sia peculiari economie interne sia impatti sull’economia globale (esterna).

Tutto quanto abbiamo tentato di descrivere si assemblerà rapidamente nel prossimo futuro. Ma come abbiamo accennato, molti elementi sono già presenti, sia pure in forma grezza e disarticolata.

Ciò che oggi immediatamente associamo all’idea di metaverso sono i mondi virtuali dei giochi online multigiocatore: da Fortnite a Roblox, da Axie Infinity a Minecraft e altri, queste piattaforme evolute per il gaming possono essere considerate degli esperimenti su piccola scala di quel che verrà. Pensare, per esempio, a un avatar di Roblox che possa trasferirsi “armi e bagagli” nel mondo di Cyberpunk 2077 o a un personaggio di Minecraft che si trasformi in un guerriero di Call of Duty può suggerire, in maniera approssimativa, cosa significherà l’interoperabilità nel Metaverso. Ancora, l’incontro tra economia reale e cripto-economia che avviene in Axie Infinity ci fa scorgere le potenzialità future di questo interscambio.

Non si può a questo punto non ricordare l’esperienza di Second Life, il mondo virtuale che quasi vent’anni fece assaporare a migliaia di utenti l’ebrezza di uno spazio virtuale, immersivo e condiviso, da (auto)costruire e frequentare a dispetto dell’esperienza spesso frustrante dovuta ai limiti tecnologici e di banda. Possiamo considerare Second Life il prototipo, il primo MVP (Minimum Viable Product) del Metaverso.

Una citazione speciale per i gli attuali mondi digitali va a Decentraland. Rispetto alle altre piattaforme citate non nasce come un gioco e neanche con uno scopo preciso, è un work in progress basato inizialmente sulla compravendita di parcelle di terreno virtuale. Ciò che verrà realizzato su questi appezzamenti dipende da utenti, sviluppatori, brand, aziende (un po’ come avvenuto con Second Life) e questo lo rende un progetto molto interessante. Sono già presenti o in divenire gallerie d’arte virtuali e distretti per lo shopping; in ottobre si è svolto un festival musicale di quattro giorni.

Gli eventi online sono, del resto, le avanguardie di un nuovo modo di fruizione di spettacoli in real time (“dal vivo” non si addice a questi format digitali…): la pandemia ne ha accelerato l’adozione in varie forme, comprese quelle che si svolgono in mondi virtuali, in particolare su Fortnite dove vengono ormai abitualmente organizzati concerti e DJ set.

Dietro le quinte di questi mondi, si muovono e investono enormi somme le aziende che animano – letteralmente – queste realtà, come Unity e Unreal, leader dei gaming engines.

I Pokémon Go hanno fornito un’anteprima a livello planetario di come potrebbe essere la Realtà Aumentata e non a caso Niantic, la società dietro il gioco, sta lavorando “a una piattaforma di realtà aumentata su scala planetaria per le generazioni attuali e future di hardware AR”.

Il remote working e la DAD attivati durante la pandemia ci hanno fatto intuire il futuro di lavoro e istruzione e nello stesso tempo hanno evidenziato limiti e criticità che l’ambiente del Metaverso potrebbe far superare. L’ambiente ibrido AR/VR fa già parte integrante di settori come l’industria manifatturiera, quella aerospaziale, il design, l’architettura, la medicina. Il Metaverso lo ingloberà senza fatica.

Accenniamo al fatto che si sia iniziato a parlare insistentemente di metaversi solo quando si è avuta una tecnologia come quella blockchain: questa consente di avere non solo criptovalute ma un sistema efficiente e versatile di gestione di asset digitali, grazie a token come gli NFT e smart contract. Una Meta-economia può realizzarsi solo con strumenti come questi e con le loro evoluzioni.

Continueremo prossimamente a parlare di questo e di altri argomenti connessi con come pure dell’infrastruttura hardware necessaria a supportare e sopportare il peso del Metaverso prossimo venturo.

Altre fonti e riferimenti

Matthew Ball, The Metaverse Primer (una serie di articoli di approfondimento su tutti gli aspetti del Metaverso, appunti alla base di un libro in uscita il prossimo anno)

Fred Cavazza, Le métavers n’est pas une rupture, mais une continuité

John Hermann, Kellen Browning, Are We in the Metaverse Yet?, The New York Times

Veronica Comb, The metaverse: What is it?, TechRepublic.com

Ian Bogost, The Metaverse Is Bad, The Atlantic

Mark Sullivan, What the metaverse will (and won’t) be, according to 28 experts, Fast Company

Clive Thompson, The Metaverse Is Already Here — It’s Minecraft